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Papa Clemente XI, Giovanni Francesco Albani era di discendenza albanese

Dal mensile di attualità e cultura italo-albanese “Le Radici”
Direttore editoriale Hasan Aliaj
Sede operativa presso via di Villa Grazioli, n.19. 00046, Grottaferrata (Roma).

(In occasione di 360 anni della sua nascita)

di Stefania Severi

Discendeva da una nobile famiglia di Urbino che aveva nobili origini albanesi di Laçi di Kurbino.
Il suo antenato Michele Laçi e i suoi due figli Filippo e Giorgio, avevano combattuto contro i turchi a fianco di Giorgio Castriota Scanderbeg in Albania, ma nel 1464 dovettero lasciare il loro paese per l’Italia, dove furono accolti dal Signore di Montefeltro, il Duca d’Urbino e dove presero il nome di Albani. Giorgio ebbe due figli, Altobelli e Annibale. Altobelli ebbe anche lui
due figli, Orazio e Carlo. Il nipote de Giorgio, Orazio, diede fama alla famiglia essendo stato inviato come amnbasciatore del Duca di Urbino per concludere l’annessione dello stato del Duca allo Stato Vaticano. Orazio si stabilì a Roma, dove divenne senatore durante il pontificato
di Papa Urbano VIII. Orazio ebbe due figli, Annibale e Carlo. Annibale si dedicò alla religione. Invece Carlo ebbe due figli, Orazio e Gian Francesco. Dunque, Carlo era il padre di Giovanni Francesco. Un suo prozio Annibale fu Prefetto della Biblioteca Vaticana. Giovanni Francesco arrivò a diventare cardinale all’età di 51 anni e nel 1700 ad essere proclamato Papa col nome Clemente XI.Giovanni Francesco Albani aveva quindi questa netta discendenza albanese,
come lui stesso soleva sostenere apertamente. Del resto, si interessò molto del suo paese, occupato ormai dai turchi, soprattutto per la salvaguardia della lingua e della religione cattolica, promuovendo molte iniziative e stampando molti libri in lingua albanese. Sotto il suo auspicio si tenne in Albania il convegno storico di Arber, tenuto e Merçine di Alessio (Lezhe)nel 1703
che prese diverse risoluzioni in favore della lingua e della religione cattolica, per non permettere la loro che si stava estinzione sotto la dominazione ottomana. Un altro ramo della famiglia Albani si stabilì a Bergamo, e in questa famiglia si distinse Gian Geronimo Albani (1504-1591), canonico, autore di un’opera importante e che divenne cardinale nel 1570. La famiglia Albani ebbe ancora quattro cardinali, i nipoti di Papa Clemente XI: Annibale Albani (1672-1779), Alessandro Albani (1682-1751), Giovanni Francesco Albani (1720-1803) e Giuseppe Albani (1750-1834). Giovanni Francesco nacque ad Urbino il 23 luglio 1649. Ad 11 anni entrò
nel Collegio Romano diretto dai gesuiti.
Ebbe modo grazie al cardinale marchigiano Decio Azzolini di frequentare il salotto della regina Cristina di Svezia che era promotrice delle arti letterarie. A 18 anni sembra che infatti fosse molto bravo nelle lettere ed avesse buone capacità di tradurre dal greco in un ottimo latino. Questo ambiente letterario colto era frequentato da letterati, poeti, pittori, musicisti tra i più famosi del tempo. In seguito ai suoi studi brillanti viene notato dalla regina Cristina di Svevia. A 28 anni
è nominato amministratore della diocesi di Rieti, dove risponde anche delle diocesi di Sabina e di Orvieto.
Chiamato a Roma, viene nominato vicario di San Pietro di Roma, poi Secretario della corrispondenza pontificale.
Nel 1690, ricevette il capello di cardinale e fu ordinato diacono. Svolse la sua opera anche all’interno dello Stato Pontificio, collaborando con il suo predecessore Papa Innocenzo XII alla riforma delle strutture dello Stato, la qual cosa offriva una certa garanzia all’intero collegio cardinalizio, in ordine alla sua competenza e alla sua conoscenza dei meccanismi di governo della
Chiesa. Era accreditato, inoltre, come uomo scevro da corruttele e nepotismo. Accolse l’elezione con riluttanza, manifestando con chiarezza e con ostinazione la sua intenzione di rifiutare la tiara adducendo come pretesto di non aver mai ricevuto tutti gli ordini ecclesiastici. In verità le motivazioni erano ben altre, ed erano strettamente legate alla situazione politica internazionale.
L’Albani sapeva bene che cosa si stava preparando in Europa, a seguito della contrastata successione sul trono di Spagna. I conflitti che, inevitabilmente, sarebbero scoppiati avrebbero coinvolto certamente anche la Santa Sede e in questo coinvolgimento il Pontefice non
avrebbe potuto fare a meno di operare una scelta di cammente po. La qual cosa Egli non i n t e n d e v a assolutamente fare, ritenendosi non in grado di affrontare l’arduo compito.
Il Collegio Cardinalizio fu però irremovibile nel sollecitare il
neo eletto ad accettare la nomina. Il Cardinale Albani fu consacrato Vescovo il 30 novembre e fu
incoronato Papa il giorno 8 dicembre 1700 con il nome di Clemente XI. Aveva 51 anni.
Un amante del bello e delle arti Giovanni Francesco Albani nacque ad Urbino nel 1649. Creato cardinale nel 1690, dieci anni dopo veniva innalzato al soglio di Pietro e prendeva il nome di
Clemente XI. È stato un papa che ha attraversato tutto il primo ventennio del 1700 (moriva
infatti nel 1721), un periodo difficile politicamente per i contrasti tra la Francia e l’Impero culminanti con la guerra di Successione spagnola. Periodo difficile anche dal punto di vista dottrinario per il diffondersi del Giansenismo che egli condannò con le bolle «Vineam Domini
» del 1705 e «Unigenitus» del 1713. Papa Albani fu un uomo molto colto e raffinato grazie all’educazione che ricevette al suo arrivo a Roma, all’età di 19 anni, ed alle frequentazioni illustri. Giunto nella città, infatti, Gianfrancesco fu accolto nel salotto della regina Cristina di Svezia dove si incontravano letterati, poeti, musicisti (come Corelli, Scarlatti e Pasquini) ed anche
prelati come Giulio Rospigliosi, papa col nome di Clecammente IX (1667-9), autore egli stesso di testi teatrali.
Consigliere e poi erede di Cristina, morta nel 1689, era il Cardinale Decio Azzolini di Fermo, che aveva fatto giungere a Roma dalle Marche i pittori Carlo Maratti e Giuseppe Ghezzi, affidando a quest’ultimo prevalentemente compiti di restauro, inserendoli nella raffinata cerchia della sovrana.
Alla «corte» di Cristina, il Cardinal Azzolini introdusse il giovane e brillante Gianfrancesco il quale, nel 1687, vi teneva una apprezzatissima prolusione su Giacomo II Stuart, paragonandolo a Costantino nella sua difesa del Cristianesimo. Morta Cristina, i letterati Gravina e Crescimbeni, quest’ultimo anche lui marchigiano, davano vita, in nome dell’illustre defunta, all’Accademia dell’Arcadia. E l’Albani, all’interno della nuova Accademia, prese, nel 1695, il nome di
Arete Melleo. Quando, nel 1696, si celebrò il centenario dell’Accademia di San Luca (in realtà i 101 anni), con grandi manifestazioni che furono organizzate dal Ghezzi, Accademico dal 1674, l’Albani vi intervenne come socio d’onore. Divenuto papa, Gianfrancesco non dimenticò il suo passato di cultore di tutte le arti, anzi le considerò sempre un utilissimo strumento di propaganda.
A condividere i suoi interessi c’erano, tra i tanti, in primo luogo i suoi nipoti Alessandro ed Annibale, quest’ultimo collezionista ed intenditore di antichità e letterato. Sarà in seguito Alessandro, all’epoca ancora molto giovane, a proseguire nell’interesse per l’archeologia
che in lui divenne prioritario tanto da fame il maggior cultore dell’arte antica, amico del Winkelmann e committente della Villa Albani sulla Salaria.
Nell’entourage di papa Albani c’era anche un altro prelato colto e progressista, che aveva arricchito le sue conoscenze con un soggiorno a Parigi, Passionei di Fossombrone
che, nella sua casa romana, fondò, nel 1704, il circolo «Tamburo» che si faceva promotore della
diffusione delle idee. L’Albani aveva un vivo interesse anche per le scienze. Fu all’epoca del suo pontificato, infatti, che operò Giovanni Maria Lancisi, il celebre medico attivo all’ospedale Santo Spirito in Sassia, nominato medico papale. Tra gli interventi, le acquisizioni e le committenze riferiti al papato dell’Albani ricordiamo: l’acquisto della biblioteca di Cassiano Dal Pozzo; opere
di restauro e di abbellimento nelle principali basiliche romane; interventi (soprattutto porticati e decorazioni pittoriche) nelle chiese di San Teodoro, Santa Maria in Trastevere, Santa Maria in Cosmedin, San Grisogono, San Clemente e nel Pantheon. L’architetto più attivo fu Carlo Fontana. Tra gli interventi urbanisticamente più cospicui vanno ricordati il Porto di Ripetta e il Complesso del San Michele. Ma sono i pittori Carlo Maratti e, in seguito, Francesco Trevisani gli interpreti più sensibili della devozionalità del papa. Alla figura di papa Albani, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dedicato una mostra dal titolo «Papa Albani e le Arti a Urbino e a Roma 1700-1721», presso il Complesso del San Michele che proprio l’Albani aveva fatto costruire.
La mostra, a cura di Giuseppe Cucco, responsabile dei Beni Culturali dell’ Arcidiocesi di Urbino, si è avvalsa di numerose prestigiose collaborazioni tra cui quelle degli studiosi Paolo Dal Poggetto e Claudio Strinati. L’esposizione romana ha proposto accanto agli splendidi dipinti di Maratti, Trevisani e di Alessio De Marchis, le sculture di Camillo Rusconi, la serie dei
bozzetti per la decorazione di San Clemente (Conca, Chiari, Ghezzi), nonché oggetti d’epoca di grandissimo fascino: monete, arredi sacri, mobili, porcellane, libri, parati in seta francese. Tra gli oggetti più curiosi vi era una splendida tiara in calamo di penne (tolte le piume) intrecciate e ricoperte di fili d’argento. Il catalogo, edito dalla Marsilio, resterà documento fondamentale per
chiarire un’epoca che da un lato conserva tutto il gusto per la retorica del bello e della ricchezza che fu propria del Barocco ma che lo coniuga con l’amore per le novità e l’attenzione per la medicina, la ricerca e l’archeologia che saranno tipici del secolo dei lumi.


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